COSTRUZIONI IN BILICO IN UNA NATURA VIVA

Natura ricordata e imbustata in brandelli analogici prima ancora di essere vista; dimenticata e ricomposta nelle illusorie forme di crostacei Aldrovandiani dall’apparato digerente improbabile e delicato; natura smembrata nelle pelli rovesciate, al macello, a mostrare le papille e i paesaggi interni, graffettate  a seguire un’armonia e un senso delle viscere; natura che si riprende il Posto Religioso  che le era stato sottratto dai monumenti ora basamenti vuoti. E questo sdraiarsi a vedere il cielo solitario, dopo la wunderkammer in fondo alla cantina, che ci ha lasciato impronte di fusaggine, astrazione con troppo viva la memoria della figura – e scendendo lo sguardo nero del fondo della fossa delle Marianne che è realmente il punto più in fondo e più in basso del mondo.

Risali e trovi le geometrie come se la natura seguisse i tracciati dei giardini antichi – cardine e decumano invece di felci e mangrovie  – e vicino scaglie di terra e di pietra che da queste geometrie schizzano fuori in un collage petillante  e infine fotogrammi nebbiosi, padani, dalla vista sbiancata.

Come  una doccia fredda e verde le felci alla fine trovano una pittura che chiedeva loro di esistere, un bicchiere d’acqua all’assetato installativo e concettuale, che la pittura l’avevamo dimenticata a memoria.

Aprile Baha Marzocchi Mazza Baroncini Poppi Talamonti Markiš Andreoletti  De Nigris Prendin Cafarella   Rossignoli.  Come le fermate del treno Proustiano l’elenco magico che non vorremmo mai divenisse realtà, mai scendere sulla pensilina e constatare una città normale, trattenere solo quella che abbiamo sognata.

Sognare insieme agli artisti giovani fa vivere alla mente i sogni più puri.

Giovanna Caimmi